Per la serie: Lo sapevate?
La prefica (dal latino praefica), nell'antica Roma, era una donna pagata per piangere ai funerali. Nel corteo funebre, precedevano il feretro stando dietro i portatori di fiaccola: con i capelli sciolti in segno di lutto e cantavano lamenti funebri e innalzavano lodi al morto, accompagnate da strumenti musicali, a volte graffiandosi la faccia e strappandosi ciocche di capelli.
L'uso, citato già da Omero, fu proibito a Roma, nei suoi eccessi, dalla legge delle XII tavole. Si mantenne tuttavia anche in epoca cristiana, sebbene osteggiato dalle gerarchie ecclesiastiche (l'uso è condannato in un'omelia di Giovanni Crisostomo).
L'uso di persone che piangono i morti era praticato ancora in tempi recenti nell'Italia meridionale e si è conservata almeno fino agli anni '50 ad esempio nei paesi della grecia salentina dove esistevano i "chiangimuerti" e dove si sono tramandate delle famose nenie di origine greca; segnalazioni della sopravvivenza di tale uso si hanno in tempi ancora più recenti in Calabria, dove fino agli anni '80, in alcuni paesi di montagna dell'entroterra vibonese, era possibile assistere a tali strazianti scene.
In Sardegna, specialmente in alcune zone dell'interno, le donne (non necessariamente parenti ma sempre dell'ambito familiare) erano dedite al cosiddetto "attittu".
Si piangeva il defunto tessendone le lodi, esaltando la disperazione per la perdita, senza peraltro esserne richiesti dai congiunti del defunto, solo per una semplice forma di partecipazione collettiva al lutto.
Anche nel nord d'Italia, fino al secondo dopoguerra, venivano impiegati bambini nei funerali - soprattutto orfani accolti in istituti religiosi, dietro compenso per l'istituto di appartenenza: si ponevano gli orfanelli a camminare, e possibilmente piangere, subito dietro al feretro.
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